martedì 19 marzo 2013

Il discorso del re - Come dare fede alla propria voce


Lo scorso mercoledì , a differenza del solito, la tv in chiaro offriva non uno, ma ben due film degni di essere visti: “Il discorso del re”su Canale 5 e “Parnassus-L’uomo che voleva ingannare il diavolo” su Mtv.                                                                 
Devo ammettere che la scelta è stata dura: l’ultimo film di Heath Ledger,il quale, morto prima della fine delle riprese, fu sostituito dai suoi amici altrettanto avvenenti e famosi Johnny Depp, Jude Law  e Colin Farrell, oppure il film vincitore di quattro premi Oscar nel 2011?



















 Fino all’ultimo minuto sono rimasta nell’indecisione ma poi, grazie ad un piccolo sondaggio organizzato su Twitter, mi è stato caldamente consigliato “Il discorso del re” e così mi sono arresa al potere dei social network!
Il film narra la storia del principe Albert d’Inghilterra  che riuscì a superare il suo problema di balbuzie grazie all’aiuto di un logopedista dai metodi bizzarri, diventando così re Giorgio VI.
La trama è molto semplice e i personaggi sono pochi,ma peculiari ed importanti. Tutto ruota attorno alla figura del protagonista, il cui carattere viene man mano tratteggiato  sia attraverso i dialoghi che attraverso  semplici gesti, come il suo fumare in modo compulsivo. Per mezzo del rapporto che viene a crearsi tra il principe “Bertie” e l’esperto in terapia del linguaggio Lionel Logue, veniamo a conoscenza di tutta la sfera interiore del protagonista e capiamo così che il suo difetto nel parlare è frutto di una repressione attuata sulla sua personalità fin dall’infanzia: egli infatti è sempre stato corretto in tutto,dalle gambe a “x”,alla mano con cui scrivere, ed ha sempre subito la figura molto autoritaria del re suo padre. Ed è così che quando suo fratello,re Edoardo VIII, abdica per sposare l’americana pluridivorziata Wallis Simpson (storia questa che fa da soggetto ad un altro celebre film dal titolo “W.E.”,diretto dalla popstar Madonna! ),il popolo inizialmente è scontento poiché non vede in Albert le qualità di un capo,essendosi lui sempre mostrato come una persona fragile,insicura e timorosa. Ma il logopedista Logue capisce subito che dietro quella fragilità si nasconde una grande umiltà e dietro la paura il coraggio,tutte caratteristiche queste degne di un sovrano. Così aiuta il principe balbuziente a tirar fuori la grinta e con essa la voce e quando questi,col nuovo nome di Giorgio VI,si ritrova a dover pronunciare il discorso alla nazione in occasione della dichiarazione di guerra alla Germania del 1939,Logue gli è ancora accanto e lo vede diventare a tutti gli effetti un leader,ovvero una persona che affronta i propri limiti per il bene comune.
La storia è molto toccante,ma, come dicevo, il film si basa più sulla caratterizzazione dei personaggi che sulla vicenda in sè. Oltre al protagonista,ricoprono un ruolo fondamentale anche la moglie di lui, Elizabeth (meglio conosciuta da noi come la “regina madre”,sempre al fianco della figlia,l’attuale regina Elisabetta II salita al trono dopo la morte di suo padre Giorgio VI, appunto!) e il terapista Lionel Logue. La prima è una donna forte e determinata,ma anche molto innamorata del marito,tanto da sostenerlo nella sua battaglia contro la balbuzie e perfino nella sua ascesa al trono,sebbene ella lasci intendere di non aver mai desiderato vivere una vita da regina. Il secondo è invece un attore fallito di origini australiane il quale si è reinventato nel ruolo di terapeuta esperto in problemi del linguaggio dopo essersi costruito una lunga esperienza con i reduci di guerra. Egli non è dunque un vero medico,ma si dimostra un abile conoscitore dell’animo umano,cosa che molto probabilmente gli deriva dal suo amore per la letteratura ed in particolare per i testi di Shakespeare che conosce a memoria.    




Un altro punto forte del film è sicuramente lo splendido cast: primo fra tutti Colin Firth, vincitore per il ruolo di re Giorgio VI di un Golden Globe e di un Oscar,entrambi premi meritatissimi visto che non deve essere facile simulare la balbuzie e allo stesso tempo esprimere con un solo sguardo i tormenti interiori del personaggio. Helena Bonham Carter è invece l’interprete della moglie del principe,Elizabeth,un ruolo decisamente diverso da quelli in cui siamo abituati a vedere l’attrice,alla quale di solito vengono assegnati personaggi particolarmente eccentrici. Devo dire però che è riuscita a rendere perfettamente l’idea di una donna decisa,ma allo stesso tempo dalle maniere garbate e delicate. Anche Geoffrey Rush se la cava egregiamente nei panni di Lionel Logue,il cui viso indurito dai fallimenti della vita,cela un personaggio pieno di ardore e di sensibilità.
E ancora, ho apprezzato molto del film la ricostruzione del periodo storico in cui è ambientato,soprattutto attraverso l’importanza data ai discorsi radiofonici dei sovrani,come a sottolineare il ruolo fondamentale che ha avuto in quegli anni la diffusione dei primi mezzi di comunicazione di massa,cosa che però non ha agevolato le già grandi difficoltà di un re balbuziente.


                                                                          


Come avrete quindi notato,questa volta non ho nessuna considerazione negativa da fare e ciò vuol dire che “Il discorso del re” è secondo me davvero un ottimo prodotto cinematografico,meritevole di tutti i premi vinti poiché ha tutto quello che si può desiderare in un film: offre spunti di riflessione,personaggi ben descritti e ben interpretati. Promosso! 





2 commenti:

  1. Non ho ancora visto Parnassus (anche se adoro Terry Gilliam) ma Il discorso del re è uno dei più bei film mai girati negli ultimi anni!
    Complimenti per il blog, diventerò tua lettrice ^^

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    1. Grazie per essere passata! Sarei davvero onorata di averti come mia lettrice! :)

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